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Fino alla morte, Cristoforo Colombo s’illuderà d’aver raggiunto, non le spiagge cubane, ma le meravigliose isole dei mari asiatici e le spiagge del Giappone – quel misterioso Cipangu di cui Marco Polo racconta nel Milione. Questo il potere e il fascino indiscusso del libro «dove si raccontano le Meraviglie del Mondo».

Ma, al di là delle leggende, dei sogni, dei miraggi e delle illusioni alimentate in poeti e conquistatori, per secoli, il Milione ha dato all’Occidente l’immagine più vera di un mondo pressoché ignoto: l’Oriente, quella civiltà lontana e diversa: scoprendola e rivelandola, per la prima volta, all’Europa.

Dopo circa venticinque anni di viaggio, nel 1298, fatto prigioniero in una battaglia tra Genovesi e Veneziani, Marco, nelle carceri di Genova, torna con la memoria agli infiniti e policromi spazi dell’Asia: agli immensi fiumi, alle sterminate e formicolanti città del Catai, ai palazzi irreali incrostati d’oro e di gemme, alle piante e alle spezie rare, ai più svariati e favolosi animali esotici, ai costumi e agli usi di quei popoli remoti e al cuore del grande impero mongolo, la corte del tanto amato e stimato Gran Khan.

Affidandosi alla memoria delle cose viste e vissute e al ricordo delle cose udite e lette nelle pagine di leggendari romanzi, Marco Polo, mercante e viaggiatore veneziano, ambasciatore del Signore dei Tartari, detta il resoconto dei suoi viaggi al compagno di prigionia, Rustichello, cantastorie pisano.

E così favola e realtà si ritrovano in questo trattato geografico dalla struttura composita, in cui la narrazione, risentendo dell’influsso di generi diversi, passa dall’andamento novellistico a quello dell’exemplum, dal racconto agiografico al resoconto storico.

A Marco Polo, ambasciatore del Gran Khan, interessa vedere «le tante maravigliose cose del mondo», o più semplicemente «le cose che sono per lo mondo»: «più amava li diversi costumi de le terre sapere che sapere quello perch’egli avea mandato». È, infatti, la curiosità appassionata del viaggiatore veneziano per i costumi, la vita, le tradizioni, le abitudini dei diversi popoli, il suo senso dell’ignoto, la sua sete per il nuovo e l’insolito della realtà, il tratto distintivo e il motivo conduttore di questa semplice e grandiosa guida dell’Asia.

Il testo originale di Marco Polo e Rustichello è scomparso, ma bizzarro, irrequieto, instabile e sfuggente, Le Livres de messer Marco Polo è sopravvissuto in innumerevoli redazioni e traduzioni, dove, innumerevole e frantumato, riappare un mondo irrequieto, magico e reale: l’Asia del XIII secolo.

 

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