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Di mattina, a Venezia, nessuno si nega il sottile piacere di un caffè accompagnato da una “pastina” e, di pastine, ce ne sono davvero molti tipi. Anche in questo caso infatti la convivenza di tradizioni e culture ha fatto si che, alla classica pasticceria secca di origine veneziana, si aggiungessero le raffinatezze di quelle più ricche ed elaborate portate dalla Svizzera nel ‘700 e dall’Austria nell’800.

Già precedentemente la pasticceria veneziana era stata influenzata da quella araba, soprattutto per l’uso di certi ingredienti come le spezie, e da quella ebraica. Una pasticceria capace di soddisfare tutti i palati.

Anche il gelato entra nella tradizione veneziana sin dai tempi antichi, nascendo storicamente dal sorbetto, la cui paternità è contesa agli arabi e ai cinesi proprio dai veneziani. La neve intrisa di frutta, antenata del sorbetto dei nostri giorni, era apprezzata a Costantinopoli quanto nella Serenissima, L’aggiunta di latte, che risale all’ottocento, trasforma questa golosità in sorbetto.

Per tornare alla pasticceria, i pasticceri erano riuniti nell’Arte degli Scaleteri, che prendeva il nome dalle scalete, ciambelle o fragili e sottilissime cialde che avevano impressi alcuni segni somiglianti a un’inferriata o a una piccola scala: pare fossero dolci di nozze ma questa tradizione ormai si è persa.

Rimane traccia nella calle e nella corte degli Scaleteri che si trovano in Sant’Agostino per gli scaleteri che si riunirono in corporazione nel 1493 e che avevano la loro Scuola nella chiesa di San Fantino, cui era dedicata. Nel 1773 si contavano, secondo i documenti ufficiali della Serenissima, 59 botteghe, in numero rilevante proprio degli svizzeri che probabilmente danneggiati economicamente dalla perdita della Valtellina, nel ‘700 scesero in gran numero in Italia, non solo a Venezia, ma a Torino, a Genova, portando con loro nuove conoscenze nel campo della cioccolateria e della pasticceria.

Essendo protestanti, i Grigioni, come venivano chiamati dalla zona di provenienza, sostituendo i cattolici veneziani anche nella scuola di San Fantino ne causarono di fatto un quasi totale abbandono. Con questa scusa il Senato proibí che i Grigioni venissero accettati nell’arte degli Scaleteri.

Ma la maestria svizzera si era ormai saldamente ancorata nella città lagunare, come del resto avvenne nelle altre zone d’Italia. Sulla tavola veneziana non mancano, i bussolai, i baicoli, i dolci di farina di polenta, zaleti o zaeti, biscottini secchi e delicatamente dolci da gustare intinti o accompagnati da zabaione, cioccolata, caffè o da “mogiar nel vin dolse”, cioè con il vino dolce.

Tipici dolci veneziani

Gli essi buranei sono come i bussolai, ma a forma di esse e sono la specialità dell’isola di Burano. I golosessi, ricchi di noci e mandorle, burro e cacao, sono un peccato di gola al quale è difficile resistere, come del resto non si può rinunciare ad assaggiare il pan dei dogi, arricchito di uvetta e granella di zucchero, il moro, pieno di canditi e mandorle, e i croccanti con le mandorle e la frutta.

Imperdibili sono anche le “fritole venessiane”: possono essere con il semolino, con le mele, con farina di mais, di zucca, di riso o di crema, ma non può esistere il carnevale senza frittelle. Assieme alle fritole, il carnevale e accompagnato dai vaporosi galani o crostoli, fatti con un impasto di farina, uova e zucchero profumato di grappa, fritti a forma di nastri intrecciati nell’olio bollente e spolverizzati di zucchero a velo.

Questi ultimi due dolci sono sempre stati i protagonisti delle feste in maschera, tanto che ai tempi della Repubblica di Venezia la corporazione dei fritoleri ottenne il permesso di “frizer nei campi”. Se a questo punto vi è venuta l’acquolina in bocca non ci resta che consigliarvi di partire alla scoperta delle dolcezze di Venezia (Magari dopo fate una bella passeggiata per smaltire le calorie extra). Buon appetito!

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